Un Impiantista, un Progettista, un Agente Commerciale, e un Responsabile di Centro Assistenza espongono il loro punto di vista sulla situazione e le prospettive del settore…
ANDREA ZAZZA, impiantista e manutentore su installazioni di dimensioni grandi e medie in Italia Centrale, è un fiume in piena, ma la sensazione è che non voglia fare danni come un torrente che esonda, piuttosto che voglia una grande chiarezza. «Ci serve una consistente iniezione di concretezza, perché l’idea che sia l’innovazione a risolvere i problemi è una mistificazione rischiosa.
Un’affermazione pesante, ma a giudicare dall’energia con cui la pronuncia sembra che abbia un fondamento: quale?
“Oggi il risultato che il prodotto disponibile sul mercato riesce a mettere in campo sul fronte per esempio del risparmio energetico è minimo, rispetto al potenziale. La questione è davvero impressionante se si pensa a quante soluzioni preconfezionate vengono installate per ottenere benefici fiscali connessi all’efficientazione quando in realtà l’efficienza promessa sulla carta non ha riscontro nella applicazione concreta. Siamo davanti a un problema davvero serio, che non sarà una nuova ondata di prodotti più performanti e meno impattanti a risolvere.”
Un problema che ha radici precise, a quanto dice.
“Ha radici in un punto, semplice e allo stesso tempo grave: nel lavoro di impiantistica si utilizza eccessivamente un atteggiamento da “supermercato”, in cui prendiamo dallo scaffale un prodotto e lo installiamo presumendo – in buona o mala fede a seconda della professionalità dell’operatore – che si arrivi a un obiettivo dichiarato a catalogo, ma le condizioni in cui un impianto o uno strumento va inserito sono spesso sottovalutate, così come si ragiona in maniera spesso definibile come “copia e incolla”.”
Da dove può cominciare il cambiamento?
“Da una sana e onesta alleanza sul campo fra progettista e impiantista. Vede, io opero come installatore, riparatore e manutentore su impianti di portata media e grande, destinati a servire impianti industriali e edifici destinati al terziario di una certa taglia. Se in questi contesti io inseguo l’innovazione con un atteggiamento superficiale, corro il rischio di perdere di vista il bisogno del cliente e in questo ho bisogno di un alleato forte, lucido e competente nel progettista, che mi supporti sul campo, nell’attività concreta con una analisi del problema che il committente ci pone. Bisogna tornare a capire che il nostro è un lavoro che richiede una fase di pensiero e non il semplice montaggio di macchine o strumenti, perché questi hanno senso e utilità solo a condizione che il disegno nel suo insieme e nel contesto in cui è inserito abbia una sua ragione d’essere.”
Quali aspetti vanno messi in evidenza?
“Siamo in presenza di un patrimonio immobiliare che ha un’anzianità sia anagrafica, sia tecnologica importante, ma la soluzione non è cambiare l’impianto tout court e pensare di aver risolto il problema. Gli interventi devono essere organici, ragionati in modalità sinergica: inutile installare riscaldamenti a pavimento senza cappotto termico, l’efficienza nominale promessa svanisce nella mancanza di coibentazione caratteristica dei “vecchi” involucri di cui disponiamo. Riusciamo a generare quell’efficienza che i cataloghi e gli stand in fiera promettono solo a condizione di contestualizzare tecnologie e dispositivi, in modalità appropriate, intelligenti, scegliendo taglie e modalità impiantistiche rispetto allo spazio in cui andiamo ad inserirle.”
Il contrario della logica plug and play, che per anni è sembrata vincente
“Non era vincente e forse lo sapevano anche coloro che la adottavano, così come non è vincente una tecnologia su un’altra in maniera assolutistica: i pannelli solari, la scelta di produrre acqua calda sanitaria con il solare termico ha senso se costruiamo impianti correttamente dimensionati, rapportati al fabbisogno e corredati di strumenti – i pannelli stessi, ma anche i serbatoi di accumulo – che generino complessivamente l’efficienza ricercata e raggiungano in condizioni reali di esercizio gli obiettivi che il committente immaginava di poter ottenere, sul fronte del risparmio e dei conseguenti tempi di ammortamento dell’investimento.”
Che cosa impedisce che questo avvenga?
“Fondamentalmente una specie di inerzia, una mancanza di informazioni e di visione concreta delle questioni di cui stiamo parlando: la tendenza a semplificare ha trasformato spesso l’installazione di impianti in una corsa all’incentivo fiscale, priva di riscontri concreti nell’efficienza raggiunta e orientata all’adesione a schemi commerciali e tecnici preconfezionati, privi soprattutto di corrispondenza alle esigenze concrete del committente. E anche una difficoltà a valorizzare nello specifico i risultati ottenuti.”
Che cosa intende?
“Che sarebbe bello poter fare come è stato fatto dalle ESCo e vendere non il prodotto installato, ma il risparmio ottenuto, ma c’è troppa incertezza nei rapporti con la clientela e finché non ci sono condizioni di fiducia tali da dare origine a rapporti continuativi, quasi di consulenza, è pericoloso attribuirsi il ruolo di consulenti e farsi pagare per i risultati ottenuti, perché il rischio è quello di trovarsi con il cerino in mano per mancanza di trasparenza e di correttezza.”
Una dichiarazione piuttosto pesante, questa.
“Pesante, sì, ma veritiera. Che si combina con una considerazione altrettanto amara, relativa ad una delle più intelligenti innovazioni di questo periodo che peraltro purtroppo stenta ad affermarsi, il controllo digitale da remoto. In un momento in cui un impianto nuovo è capace di produrre efficienza reale e controllato con sistemi incentivabili attraverso dispositivi di legge come Industria 4.0, ci sentiamo rispondere che i budget per investimenti di revamping mancano, ci sono solo budget da manutenzione ordinaria che non spostano di un millimetro i termini del problema.”
Serve un cambio di passo da parte del cliente?
“Sicuramente un cliente più attrezzato di solidi strumenti di valutazione del nostro lavoro cambierebbe il mercato più di prodotti performanti o innovativi, perché permetterebbe di proporre anche le soluzioni meno stravolgenti con efficacia commerciale e strutturale più solida, consolidando i rapporti fra il fornitore capace e il cliente attento, ma il sogno nel cassetto dell’impiantista è quello di un mercato in cui ci sia un dialogo molto più forte, più documentato e più di respiro di quanto non sia quello attuale. L’ansia di fatturare porta molti installatori a fare ragionamenti perdenti, a lavorare al costo o addirittura sotto costo, senza costruire margini per spesare una formazione che nei fatti è il vero differenziale fra chi gira bulloni e chi pensa e realizza l’efficienza e il comfort.”
Non se ne esce facilmente, insomma.
“No, anzi! Le cose si complicano ulteriormente quando pensiamo che lo Stato ci impegna a diventare addirittura delle banche per i nostri clienti! La proposta di riconoscere in fattura uno sconto che per noi diventa credito di imposta ci espone in maniera micidiale, incrementando il rischio di impresa a dismisura. Oggi affrontare questa soluzione è possibile solo per chi ha dimensioni aziendali che permettano di contrattare un fido ampio con gli istituti di credito, ma i piccoli, gli “artigiani” non sono nella condizione di presentarsi da un direttore di filiale a contrattare simili soluzioni: si troverebbero a ipotecare la casa, per finanziare l’attività e questo è uno scenario improponibile.”
Allora, più che di innovazione c’è bisogno di rivoluzione …
“Sì! O forse non è necessaria la rivoluzione – attenua i toni concludendo Zazza – basterebbe una presa di coscienza che serve studiare, applicarsi alle situazioni concrete, analizzare e progettare ad hoc e non in maniera seriale. Lavorare con la testa, non solo con le mani.”
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